domenica 15 giugno 2014

La suddivisione dell' "ager"

come ora vedi distinta da uno svariare gioioso tutta la campagna, che gli uomini adornano disponendo dolci pomari, e recingono con piantagioni di arbusti fruttiferi.

ut nunc esse vides vario distincta lepore
omnia, quae pomis intersita dulcibus ornant
arbustisque tenent felcibus obsita circum.

V, vv. 1376-1378 (p. 411)
 
La delimitazione di una proprietà agricola godeva di una certa importanza nella civiltà latina dal momento che quest'ultima aveva da sempre avuto un apparato legislativo efficientissimo. Durante gli anni della repubblica era in voga il sistema della centuriazione, secondo il quale gli appezzamenti venivano suddivisi secondo un reticolo ortogonale, già adottato in ambito militare. Tale pratica ebbe inizio prevalentemente nel IV secolo a.C. con la fondazione di nuove colonie per poi perfezionarsi nel 268 a.C. con la colonizzazione della pianura Padana. L'apice dell'utilizzo di questo criterio si ebbe però nel 133 a.C., quando la legge agraria di Tiberio Gracco sancì la privatizzazione dell'ager publicus.

sabato 14 giugno 2014

Gli animali di Marte

Ed è uso più antico montare armato sui fianchi del cavallo guidandolo col morso, e disporre del vigore della destra, che su un carro a due cavalli tentare i rischi della guerra. E aggiogare due cavalli si usò prima che attaccar due pariglie, e che salire in armi sopra i carri falcati. Più tardi ai buoi lucani dal corpo turrito, mostruosi, di mano serpentina, i Punici insegnarono a sopportare le ferite in battaglia e a sconvolgere le grandi orde di Marte.

Et prius est armatum in equi conscendere costas
et moderarier hunc frenis dextraque vigere
quam biiugo curru belli temptare pericla. 

Et biiugos prius est quam bis coniungere binos
et quam falciferos armatum escendere currus.
Inde boves lucas turrito corpore, taetras,
anguimanus, belli docuerunt vulnera Poeni
sufferre et magnas Martis turbare catervas.


V, vv. 1297-1304 (p. 407)

"figuriamoci poi se c'è chi pensa che ci siete anche voi bestie che guardate uomini e cose con codesti occhi silenziosi e chi sa come li vedete, e che ve ne pare". In questa celebre citazione pirandelliana si evince come da sempre gli animali siano stati testimoni delle sciagure umane, sfruttati in alcuni casi per la loro possanza inconfrontabile con quella umana: chi non ricorda difatti gli elefanti di Annibale? La bardatura in certi casi era assai complessa e in questi versi vengono nominati alcuni elementi fondamentali. Il morso, per esempio, utilizzato per dominare il cavallo durante la cavalcata, fu inventato verso il 1400 a.C. Con pariglia invece, nell'ambito dell'equitazione, s'intende una coppia di cavalli da tiro molto simili per statura, aspetto somatico o talvolta per il colore del mantello. Infine non è immediato capire cosa sottintenda l'aggettivo "turrito" riferito ai "buoi lucani": i Romani chiamarono in questo modo gli elefanti quando per la prima volta li videro in Lucania nella guerra contro Pirro (280-272 a.C.) ed alla cui schiena era legato un abitacolo a forma di torretta, da cui i guidatori potevano combattere al riparo.

 

martedì 10 giugno 2014

La magia dei metalli

Continuando, il rame, l'oro e il ferro furono scoperti, e si trovò il peso dell'argento e il potere del piombo, [...]Quando poi li vedevano, rappresi, splendere di colore lucente sul terreno, li raccoglievano, rapiti dalla nitida e liscia bellezza, e li vedevano plasmati nella medesima forma che aveva l'impronta dell'incavo di ognuno. Li penetrava allora il pensiero che questi potessero , fusi alla fiamma, colare in ogni forma e stampo di oggetti, e venire affilati a colpi di martello in punte di pugnali  quanto uno volesse aguzze e sottili, per farsene armi, e poter tagliare foreste, e sgrossare legname e spianare a lucido assi, e anche trivellare e lavorar di conio e succhiello.

Quod superest, aes atque aurum ferrumque repertumst
et simul argenti pondus plumbique potestas,
[...]
Quae cum concreta videbant
posterius claro in terra splendere colore,
tollebant nitido capti levique lepore,
et simili formata videbant esse figura
atque lacunarum fuerant vestigia cuique.
Tum penetrabat eos posse haec liquefacta calore
quamlibet in formam et faciem decurrere rerum
et prorsum quamvis in acuta ac tenvia posse
mucronum duci fastigia procudendo,
ut sibi tela parent, silvasque ut caedere possint
materiemque dolare et levia radere tigna
et terebrare etiam ac pertundere perque forare.

V, vv. 1241-1242; 1257-1268 (pp. 403-405)
 
Sebbene nell'argomentare lucreziano non sia presente nessun sentimento esoterico, si evince come fin dall'alba dei tempi i metalli siano sempre stati circondati da un'aura misteriosa; si noti per esempio l'espressione plumbi potestas, dove molto probabilmente si vuole alludere al suo particolarmente elevato peso specifico. È inoltre interessante, tra i molteplici impieghi che vengono citati, soffermarsi sugli ultimi due sostantivi: il conio ed il succhiello. Il primo rappresenta uno dei due pezzi di metallo utilizzati per imprimere una faccia di una moneta e contiene la versione incusa dell'immagine, ovvero la sua forma in versione incavata. Ovviamente, in età arcaica, per semplicità, il procedimento era invertito: il conio possedeva un disegno in rilievo e, conseguentemente, l'impronta sulla moneta risultava incavata. Il succhiello invece è un piccolo arnese che consente di praticare modesti fori nel legno. Esso è costituito da un'impugnatura che consente di imprimere un moto rotazionale all'utensile, un gambo di metallo ed una punta preferibilmente dotata di un tagliente elicoidale.
 
Conio prodotto da un falsario di epoca romana al fine di contraffare le monete emesse a nome di Diocleziano dall'80 all'81 d.C.


domenica 8 giugno 2014

La caccia

Che il cacciare con le fosse e col fuoco venne in uso ben prima che cingere di reti la macchia e snidare coi cani.

Nam fovea atque igni prius est venarier ortum
quam saepire plagis saltum canibus ciere.

V, 1250-1251 (p. 405)

Gli antichi metodi di caccia, come quello sopra descritto, ovvero dotare i boschi di reti e sfruttare i cani, vennero calando drasticamente nella società romana, dacché l'allevamento aveva soppiantato l'arte venatoria. Inoltre i latini risentivano di molti tabù per timore degli dei, quali per esempio il divieto di cacciare nelle vicinanze di un tempio. D'altro canto a dei cacciatori professionisti, reclutati nella cerchia degli schiavi, veniva affidato il compito di evitare il sovrappopolamento di determinate specie. Solo sotto l'influsso della Grecia, nel II secolo a.C., nacque il concetto di caccia sportiva, molto lontano dall'idea che ne abbiamo oggi. Lo stesso Plinio il Giovane racconta in una lettera a Tacito di una sua battuta nella quale l'unica attività umana era quella di aspettare che i cinghiali si impigliassero causalmente nelle reti.

Statua di Diana, dea della caccia presso gli antichi Romani (museo del Louvre)  

Tecnologia e potere

I re cominciarono a fondare città ed innalzare fortezze, per servirsene essi stessi come difesa e rifugio, [...] Più tardi fu escogitato il possesso e fu scoperto l'oro, che facilmente alla forza e alla bellezza sottrasse ogni pregio;

Condere coeperunt urbis arcemque locare
praesidium reges ipsi sibi perfugiumque,
[...]
Posterius res inventast aurumque repertum,
quod facile et validis et pulchris dempsit honorem;

V, vv. 1108-1109; 1113-1114 (p. 397)
 
Talvolta, anche il razionalismo di Lucrezio, di fronte alla società romana sfocia in una negazione del positivismo. Dopotutto la letteratura latina ha quasi sempre invocato i tempi remoti come periodi idilliaci, adducendo un sentimento nostalgico attraverso la ripresa degli antichi miti. Inizialmente la difesa della città di Roma era costituita da un massiccio terrapieno e solo nel VI secolo a.C., come narra Livio, Servio Tullio fece costruire una cinta muraria di almeno 7 chilometri dotata di numerose porte impiegando blocchi squadrati di tufo. In età repubblicana, la fortificazione divenne una vera e propria struttura indipendente riservata allo stazionamento in forma stabile o provvisoria di un'unità dell'esercito romano. Inoltre, spesso e volentieri, l'evoluzione di queste strutture autosufficienti portò alla nascita di numerose città: la stessa Torino è fondata su di un castro (28 a.C.).
 
Porta Palatina (Torino, I secolo a.C.)  

sabato 7 giugno 2014

La negazione di Prometeo

Perché forse su questo argomento non tiassilli una muta domanda, il fulmine portò primo sulla terra il fuoco ai mortali, e di là dirama ogni ardore di fiamme. [...] Poi a cuocere il cibo e ammorbidirlo al calor della fiamma insegnò il sole, perché vedevano molti frutti ammansirsi ai campi, vinti dalla sferza dei suoi raggi e dal suo calore.

Illud in his rebus Tacitus ne forte requiras,
fulmen detulit in terram mortalibus ignem
primitus, inde omnis flammarum diditur ardor.
[...]
Inde cibum coquere ac flammae mollire vapore
sol docuit, quoniam mitescere multa videbant
verberibus radiorum atque aestu victa per agros.

V, vv. 1091-1093; 1102-1104 (pp. 395-397)

Sebbene la letteratura latina sia stata da sempre caratterizzata dal grande amore per la tradizione mitologica, Lucrezio mette ancor una volta in risalto il suo animo profondamente scientifico descrivendo il modo con il quale gli umani hanno conosciuto il fuoco. Le prove archeologiche testimoniano il controllo del fuoco da parte dell'uomo sin da 1,42 milioni di anni fa, nell'Africa orientale. Inoltre da questi versi si deduce come la filosofia lucreziana sostenga che la conoscenza umana sia strettamente empirica. Nell'arte della cucina i Romani erano d'altra parte davvero all'avanguardia come testimonia solo un secolo dopo l'indimenticabile cena di Trimalcione descritta nel Satyricon di Petronio.

Affresco raffigurante alcune portate tipiche della cucina romana

Prima dell'incontro con la Tecnologia...

Non c'era robusto guidatore di aratro ricurvo, nessuno sapeva smuovere col ferro il suolo dei campi, né ai grandi alberi troncare coi falcetti i vecchi rami.

Nec robustus erat curvi moderator aratri
quisquam, nec scibat ferro molirier arva
nec nova defodere in terram virgulta neque altis
arboribus veteres decidere falcibu' ramos.

V, vv. 933-936 (p. 387)
 
Descrivendo l'umanità primitiva, Lucrezio sembra conferire alla civiltà a lui contemporanea un eccelso merito ed un grande avanzamento tecnologico, dal momento che guarda alle società preistoriche come fossero qualcosa di animalesco. Oltre ad alcuni termini già citati, vi è una diretta testimonianza dell'utilizzo della falx (roncola). Essa fu presente sin dall'età del bronzo, inoltre recentemente sono state ritrovate numerose incisioni rupestri sulle Alpi Apuane che svelano come in verità l'impiego di questo utensile sia probabilmente molto arcaico di quanto pensasse Lucrezio stesso.
 
 Nel culto del dio Mitra la falce simboleggia Saturno, il dio planetario associato all'ultimo livello per l'iniziato (pavimento mosaicato di Ostia).