domenica 22 giugno 2014

Progresso materiale e decadenza morale

Navi e colture dei campi, mura, leggi, armi, vie, vesti, e ogni invenzione di tal genere, e anche tutti i premi e le delizie della vita, canti, pitture, statue rifinite con arte, li insegnò a poco a poco il bisogno e insieme il travaglio della vita mente operosa che muove un passo dopo l’altro. Così a mano a mano il tempo manifesta ogni cosa e il ragionamento e la sospinge verso le spiagge della luce. Infatti in loro cuore vedevano una cosa trar luce dall’altra, finché con le arti giunsero al vertice estremo.

Navigia atque agri culturas, moenia, leges,
arma, vias, vestis ‹et› cetera de genere horum,
praemia, delicias quoque vitae funditus omnis,
carmina, picturas, et daedala signa polita,
usus et impigrae simul experientia mentis
paulatim docuit pedetemptim progredientis.
Sic unumquicquid paulatim protrahit aetas
in medium ratioque in luminis erigit oras.
Namque alid ex alio clarescere corde videbant,
artibus ad summum donec venere cacumen. 

V, vv. 1448-1457 (p. 415)

Il quinto libro dell’opera si conclude così con un pesante giudizio morale che anticipa in tutto e per tutto la posteriore filosofia senechiana. Un elenco breve, conciso e dal ritmo nervoso di gran parte del sapere tecnologico latino ci riporta un’ultima volta con la mente a quel glorioso splendore per poi dirottarci verso il “vertice estremo”. Ed è proprio a questo punto che, giunti quasi al termine di quest’analisi, viene lasciata unicamente al lettore la facoltà di trarre le proprie conclusioni.

In questo interessante saggio di Montesquieu si possono trovare alcune risposte alla questione che Lucrezio pone a conclusione del V libro attraverso una visione d’insieme della civiltà latina.

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