sabato 7 giugno 2014

La negazione di Prometeo

Perché forse su questo argomento non tiassilli una muta domanda, il fulmine portò primo sulla terra il fuoco ai mortali, e di là dirama ogni ardore di fiamme. [...] Poi a cuocere il cibo e ammorbidirlo al calor della fiamma insegnò il sole, perché vedevano molti frutti ammansirsi ai campi, vinti dalla sferza dei suoi raggi e dal suo calore.

Illud in his rebus Tacitus ne forte requiras,
fulmen detulit in terram mortalibus ignem
primitus, inde omnis flammarum diditur ardor.
[...]
Inde cibum coquere ac flammae mollire vapore
sol docuit, quoniam mitescere multa videbant
verberibus radiorum atque aestu victa per agros.

V, vv. 1091-1093; 1102-1104 (pp. 395-397)

Sebbene la letteratura latina sia stata da sempre caratterizzata dal grande amore per la tradizione mitologica, Lucrezio mette ancor una volta in risalto il suo animo profondamente scientifico descrivendo il modo con il quale gli umani hanno conosciuto il fuoco. Le prove archeologiche testimoniano il controllo del fuoco da parte dell'uomo sin da 1,42 milioni di anni fa, nell'Africa orientale. Inoltre da questi versi si deduce come la filosofia lucreziana sostenga che la conoscenza umana sia strettamente empirica. Nell'arte della cucina i Romani erano d'altra parte davvero all'avanguardia come testimonia solo un secolo dopo l'indimenticabile cena di Trimalcione descritta nel Satyricon di Petronio.

Affresco raffigurante alcune portate tipiche della cucina romana

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