Quidve mali fit ut exhalent aurata metalla!
VI, v. 811 (p. 461)
Tra i vari fenomeni naturali presentati nel VI libro vi è anche quello dei luoghi Averni, nei quali la presenza di taluni carbonati produceva l'esalazione di un'aria mefitica, irrespirabile per gli esseri viventi. Fra questi sono elencate, come si legge nella citazione, le miniere d'oro. In generale lo sfruttamento dei giacimenti minerari era una praticata conosciuta sin dai tempi più antichi, sebbene fosse solamente superficiale. Solo in un secondo tempo, nel mondo classico, si iniziarono a scavare profonde gallerie: la roccia veniva spaccata arroventandola e cospargendola con dell'aceto, i massi, estratti dalla cava con una forza disumana, venivano frantumati in blocchi con delle mazze e polverizzati con pesantissime macine di pietra. Infine il materiale di scarto era separato dai minerali o per lavaggio o per fusione.
Resti della più importante miniera d’oro dell’Impero romano presso Las Médulas, in Spagna.
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