Pellis item cecidit vestis contempta ferinae;
quam reor invidia tali tunc esse repertam,
ut letum insidiis qui gessit primus obiret,
et tamen inter eos distractam sanguine multo
disperiisse neque in fructum convertere quisse.
Tunc igitur pelles, nunc aurum et purpura curis
exercent hominum vitam belloque fatigant;
quo magis in nobis, ut opinor, culpa resedit.
V, vv. 1418-1425 (p. 413)
L'idea che la tecnologia produca un indiscusso benessere viene in questi versi messa in discussione dallo stesso Lucrezio. Senza aprire un dibattito filosofico, si nota come l'evoluzione della tecnica sia razionalmente partita da ciò che risultava necessario per poi andare ad occuparsi di tutto ciò che, al di la del bisogno, potesse soddisfare i desideri del genere umano. Si noti anche l'iniziale immagine metaforica secondo la quale ogni nuova invenzione, anche la più intuibile, fosse in grado di dare adito ad una discordia per ottenerla: si deduce così l'irresistibile attrazione che la tecnica ha da sempre prodotto sull'uomo. Un interessante accenno merita la qui citata porpora. Si tratta di un pigmento che si estrae da un mollusco, il murice comune e particolarmente in voga presso la popolazione dei fenici. Per evidenziare il lusso di questo prodotto basta ricordare il fatto che molti anni dopo l'imperatore romano d'Oriente Teodosio II (401-450 d.C.), come si evince dal Codice Teodosiano, decretò l'invio di alcuni funzionari presso le manifatture di porpora fenicie per vigilare contro ogni frode, poiché nessuno poteva possedere quel genere di prodotto, dacché era riservato esclusivamente all'imperatore ed alla sua famiglia.
La toga picta era una particolare tunica tinta di porpora.
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