Namque Ceres fertur Fruges Liberque liquoris
vitigeni laticem mortalibus instituisse,
V, vv. 14-15 (p. 335)
Sebbene in questo paio di versi non compaia esattamente alcun riferimento ad un elemento tecnologico, si evince un'informazione importante: la produzione vinicola latina. Essendo stata la vite inizialmente una pianta spontanea, vi sono testimonianze circa l'utilizzo del vino sin dal neolitico, laddove probabilmente si assisteva a fermentazioni spontanee dovute al riponimento dei grappoli in adeguati contenitori. Nella tradizione romana le uve venivano inizialmente pigiate con i piedi in tinozze o vasche in muratura od in muratura (calcatorium) a cui seguiva una doppia pressatura del mosto attraverso un torchio a leva. Il passo successivo era la decantazione ed una grossolana filtrazione attraverso dei panieri in vimini, per poi essere riposto a fermentare in dei recipienti panciuti di terracotta chiamati dolia. Infine, per eliminare la torbidezza del liquido ottenuto venivano spesso impiegati come additivi o bianchi d'uovo montati a neve o latte fresco di capra.
Due grandi testimoni dell'aspetto enologico nell'antichità latina furono Catone (234-149 a.C.) e Columella. Dal primo si evince la produzione di un "vino" scadente, destinato agli schiavi, ottenuto attraverso l'allungamento delle vinacce con acqua e la seguente fermentazione del miscuglio; nel manuale di agricoltura del secondo (65 a.C.), invece, vi è una critica alla qualità della produzione vinicola romana dal momento che, secondo l'autore, veniva trascurata la potatura dei vitigni, cosa che induceva raccolti troppo abbondanti.
Figura Palmento di epoca romana nei pressi di Belvedere Marittimo
Due grandi testimoni dell'aspetto enologico nell'antichità latina furono Catone (234-149 a.C.) e Columella. Dal primo si evince la produzione di un "vino" scadente, destinato agli schiavi, ottenuto attraverso l'allungamento delle vinacce con acqua e la seguente fermentazione del miscuglio; nel manuale di agricoltura del secondo (65 a.C.), invece, vi è una critica alla qualità della produzione vinicola romana dal momento che, secondo l'autore, veniva trascurata la potatura dei vitigni, cosa che induceva raccolti troppo abbondanti.