Principio venti vis verberat incita pontum
ingentisque ruit navis et nubila differt,
interdum rapido percurrens turbine campos
arboribus magnis sternit montisque supremos
silvifragis vexat flabris:
[...]
nec validi possunt pontes venientis aquai
vim subitam tolerare: ita magno turbidus imbri
molibus incurrit validis cum viribus amnis.
I, vv. 271-275; 285-287 (p. 85)
Citando l'inaffrontabile forza degli agenti atmosferici, il poeta riferisce anche due particolari opere che hanno segnato profondamente la civiltà latina: le navi ed i ponti. Ciò che cogliamo in maniera singolare è il fatto che questi ultimi non erano così robusti da sopportare piogge perseveranti e venti impetuosi, mentre, oggi, queste due ormai più che comuni opere ingegneristiche sono in grado di affrontare la natura anche in uno stato di sostenuta violenza. Sebbene i primi tentavi di navigazione con degli strumenti completamente rudimentali risalgano all'era neolitica, circa 10 000 anni fa, è interessante comprendere come la necessità di questa tecnologia si sia manifestata sia dagli albori. Le navi romane si suddividevano in grosse navi da carico (naves onerariae) e le lunghe navi da battaglia (naves longae); esse erano più sviluppate di quanto si possa pensare in quanto ai Romani era ben noto il sistema di propulsione della vela, di cui erano già pienamente consapevoli gli egizi intorno al 4000 a.C.
Foto 1 Fortuna maris, nave romana naufragata presso Comacchio nel I secolo a.C.
Contemporaneamente alla necessità di navigare, sorgeva anche il bisogno di guadare discontinuità relativamente piccole, per questo erano già assolutamente in voga i ponti. Gli antichi romani sono tutt'oggi considerati i più grandi costruttori di ponti dell'antichità. Prima di apprendere il sistema delle arcate, i ponti latini furono costruiti poggiando grandi lastre di pietra su dei piloni.
Foto 2 Pont Saint Martin (I secolo a.C.)
Di particolare interesse è la lista di oltre 900 ponti romani pubblicata da Vittorio Galiazzo nel 1995.
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